Oblio: capitolo due
- Irene Muraca

- 23 gen 2020
- Tempo di lettura: 7 min
Aggiornamento: 11 mag 2020
Un grido. Lo sguardo di Elsa va in mille pezzi mentre guarda Adele. Uno slancio irruento spinge i tre amici e le due sorelle alla corsa. Corsa, corsa precipitosa verso quell’urlo che ha squarciato le tenebre della notte.
“Fermi. Fermi, non proseguite oltre. Va tutto bene.”
Lorenzo, zio di Adele e Elsa, si fa avanti dall’oscurità del corridoio e blocca i ragazzi spaventati e preoccupati.
“Dove è nostra madre? La abbiamo sentita gridare. Cosa è successo?” Adele non esita a domandare, con sguardo fermo e mani tremanti.
“Sì, è stata Francesca a gridare ma è accaduto perché si è sentita svenire e ha avuto paura. Va tutto bene, ora i servi la stanno accompagnando nella sua stanza, più tardi potrete andare a trovarla. Andate in salotto, vi farò portare della cioccolata calda per riprendere colore e tranquillità, e poi andate a dormire.”
Detto questo, Lorenzo saluta i figli Michele e Giacomo e, dopo aver guardato con distacco e sospetto Edoardo, si allontana silenziosamente, così come era apparso poco prima.
“Qualcosa non mi convince, un grido simile sembrava dettato più da un improvviso terrore che da un mancamento. Inoltre mamma lo ha già avuto in passato più di una volta, conosce la sensazione, sa cosa fare quando si sente debole…”
“Adele, hai sentito lo zio. Non inventarti congetture, tra poco la andiamo a trovare e si risolve tutto. Ci racconterà cosa le è accaduto, intanto cerchiamo di non agitarci. Forza, andiamo in salotto.”
“Voi andate, io vi raggiungo fra poco.”
Adele osserva la sorella ed i cugini abbandonare il corridoio lentamente, e le ritorna in mente la corsa di pochi attimi prima, l’agitazione, il grido. E’ rimasto Edoardo con lei, gli scuri occhi color mare in tempesta riflettono profondamente.
“Voglio vedere mia madre. La conosco, non la ho mai sentita gridare. Il suo era un grido di spavento, di paura, ne sono sicura. Ed è ancora più orribile pensare che sia così, ma voglio capire, voglio vederla. Perché sei rimasto qui con me?”
“Perché credo che tu abbia ragione. Lorenzo non mi convince, sta tramando qualcosa.”
Adele lo guarda con un lieve e spontaneo sorriso che le rilassa per un attimo il viso contratto dalla preoccupazione, e poi abbassa gli occhi a terra, pensando alla prossima mossa.
“Forza, andiamo a vedere come sta tua madre.”
I due prendono la candela accesa che doveva illuminare il corridoio, con in testa Edoardo che conosce la villa come le sue tasche.
Si dirigono verso la stanza di Francesca ma quando arrivano nel corridoio sono costretti a nascondersi dietro una spessa tenda color porpora, spengendo velocemente la candela. Davanti alla porta sono appena giunti due servi dalla camminata cadenzata e misurata. Stranamente impettiti e rigidi, si fermano immobili, con un’espressione inflessibile e dura.
“Non sembrano servi, e nemmeno dottori.” sussurra piano Adele, vicinissima ad Edoardo.
“Sembrano soldati.”
“Possiamo distrarli, usare l’occasione e…”
“E’ troppo rischioso, non sappiamo se all’interno della stanza ce ne siano altri. Ora ascoltami bene. Lentamente, così.. segui i miei movimenti. Dobbiamo tornare indietro.”
Una volta liberi dal possibile avvistamento dei soldati, Edoardo ferma Adele prendendole la mano.
“Aspetta, per di qua.”
“Ma questo corridoio è senza via d’uscita, non ha nemmeno stanze.”
“Adele, ricordi quando durante il ballo ti ho raccontato dell’infanzia passata con Giacomo e Michele? Il mio gioco preferito era nascondino, perché vincevo sempre e li facevo dannare mentre mi cercavano per ore. Il segreto del mio nascondiglio era proprio la segretezza del posto che sceglievo. Lorenzo non mi vede di buon occhio perché da piccolo gironzolavo per tutta la villa, ma ciò che non ha mai scoperto è che nelle mie mille avventure scovavo porte laddove c’era in apparenza soltanto una libreria o un grande quadro. Ecco il mio segreto ed ecco dove stiamo andando ora. Dietro la grande, immensa copia della Primavera di Botticelli c’è una porta che conduce verso corridoi che collegano stanze segrete che non hanno altro accesso. Proviamo ad andare lì adesso, forse scopriamo qualcosa.”
Adele si aspettava di passare attraverso corridoi oscuri e pieni di ragnatele, tortuosi e pieni di rocce affilate e strani insetti velenosi, e invece si è ritrovata in corridoi pieni di librerie e fogli di carta, antichi diari con inciso l’anno in cui sono stati scritti, persino vecchie pergamene.
“Ecco dove mi nascondevo, ho letto tutto ciò che conosco in questi corridoi.”
“Non sei mai stato scoperto? Perché i miei cugini non sanno di questi luoghi?”
“Penso che Lorenzo li abbia sempre tenuti all’oscuro, e questo mi ha indotto a pensare che tra queste mura si celi molto più che vecchie storie d’amore e avventura. Non sono mai entrato nelle stanze, ma ecco, ne stiamo raggiungendo una proprio adesso.”
La libreria di sinistra lascia il posto ad una porta chiusa con un doppio chiavistello, e ad un’altra accanto, più piccola, semiaperta. Adele si avvicina cautamente e dà una rapida occhiata all’interno. Dopo essersi assicurata che fosse vuota, fa un cenno ad Edoardo ed entra nella stanza. Alcune piccole candele dalla luce flebile sono ancora accese e illuminano un poco il piccolo spazio. Una grande scrivania occupa quasi tutta la stanza, ed è ricoperta da lettere. Dopo averne lette alcune, Edoardo si affianca ad Adele e le dice di non aver trovato niente di utile, se non lettere ricevute da parroci o parenti lontani che disquisivano sull’importanza dell’essere puntuali o su quale meta scegliere per un viaggio futuro. Adele gli accarezza piano la spalla e continua a leggere la lettera che per sbaglio le è capitata fra le mani.
“E nel momento in cui sarà possibile recuperare l’irrecuperabile, nelle ore in cui presente futuro e passato si fonderanno misteriosamente e magicamente, in quel preciso istante il grande Guardiano della città, attraverso un totale annullamento di sé, darà vita al nostro nuovo impero…. Ma cosa mai vorrà dire?”
“Chi ha scritto questa lettera?” le chiede pensieroso e stupito Edoardo.
“Un tale Duca Ristori.”
Ad Edoardo sfugge un gemito, le sue mani si stringono in pugni e le nocche scricchiolano, tale è l’impeto del suo sentimento. Abbassa rapido la testa ed i suoi occhi vengono oscurati dal dubbio.
“Edoardo, che succede? Conosci quest’uomo?”
“… è mio padre. Sì, è mio padre – afferma il ragazzo dai riccioli corvini e lo sguardo blu notte – e se è stato lui ad inviare questa lettera a Lorenzo vuol dire che sta cospirando con lui, stanno tramando qualcosa.. e quando mio padre agisce, non lo fa mai a fin di bene.”
Adele osserva la lettera, e come spinta da un istinto che non può essere ignorato, ricerca le lettere che poco prima Edoardo aveva scartato, quelle di ecclesiastici e parenti che sembravano aver inviato inutili missive sul tempo e sullo spazio, e le confronta con quella del Duca Ristori.
“Guarda, guarda attentamente. Chi mai userebbe questo strano ordine di parole? In qualche lungo discorso il verbo si trova inspiegabilmente alla fine, in altri discorsi più brevi è ripetuta persino tre volte di fila la stessa parola… ciascuno di loro ha usato la parola Guardiano almeno una volta.. e se stessero usando un codice? Se avessero un codice che solo loro conoscono per decifrare messaggi nascosti?”
I due, dopo essersi scambiati uno sguardo di intesa, iniziano a cercare nella stanza il possibile codice ma si interrompono subito perché sentono il rumore di passi concitati nel corridoio. Spengono quel poco che restava delle candele e rimangono in silenzio, dietro la porta, in ascolto. I passi si attutiscono e, dopo aver aperto piano la porta, abbandonano i segreti corridoi portando con sé la lettera del Duca.
Raggiungono il grande dipinto, richiudono il passaggio segreto e provano a ritornare da Francesca. Rimangono sorpresi quando, passando accanto ad una grande finestra, la calda e nascente luce dell’alba illumina i loro volti stanchi e determinati. Non c’è nessuno a sorvegliare la camera di Francesca, allora Adele affretta il passo e apre la porta, pronta a riabbracciarla, e la trova sdraiata nel suo letto, addormentata. Si avvicina, incerta se svegliarla o meno, e la osserva attentamente. Le accarezza il viso e nota il pallore della pelle, le labbra che tremavano impercettibilmente. Le sente il polso ed è debolissimo, allora prova a svegliarla chiamandola più volte, ma inutilmente.
“Cosa ti succede, mamma…”
Le dà un bacio sulla fronte e corre verso la camera di Elsa, svegliando bruscamente la sorella che stava dormendo.
“Elsa, cosa succede alla mamma? Perché non si sveglia?”
“Le ho fatto visita pochissime ore fa Adele, mi ha guardata, ha pronunciato qualche parola e si è addormentata. Possono essere le cure, oppure la stanchezza. Andremo a controllarla appena si sveglia, sono sicura che dopo una bella dormita si sentirà meglio. Piuttosto, tu dove sei stata?? Non hai dormito per niente. Devi riposarti, vai nella tua stanza, cerca di sdraiarti e riprendere le energie. Devi essere anche stanchissima..”
“Va bene, ci vediamo dopo dalla mamma. Buonanotte ancora, Elsa.”
Lasciata la camera di Elsa, Adele va svelta verso le scale ma Edoardo, che non la aveva persa nemmeno un momento, la ferma prendendole la mano.
“Dove pensi di andare signorina?”
“Voglio trovare il codice per decifrare la lettera di.. di tuo padre. Magari lo zio la nasconde da qualche parte nella villa, e se è così io la troverò.”
“Per oggi hai già indagato abbastanza, e poi hai promesso a tua sorella che avresti riposato un po’.”
“Lo so, ma..”
“Nessun ma, fila subito a dormire. Anzi, ti accompagnerò e mi assicurerò che ti addormenterai davvero, e che non farai soltanto finta di entrare in camera per poi sgattaiolare via indisturbata.”
Adele lo guarda spalancando i grandi occhi castani e, con un’espressione tra imbronciata e felice, va verso la sua stanza, apre la porta e si infila nel letto.
Edoardo la guarda e capisce al volo cosa le passa per la testa: “Non mi fido di Lorenzo e sono certo che lui non si fida di nessuno – le dice sedendosi sulla grande poltrona accanto al letto- non penso che troveremmo il suo codice nemmeno se perquisissimo ogni angolo della residenza. Ma so da chi invece possiamo provare a prenderlo. Mio padre. Non lo vedo da anni, e la sorpresa di un incontro inaspettato con suo figlio può distrarlo quel che basta per trovare ciò di cui abbiamo bisogno. Andrò domani stesso da lui, non è lontano, ci vorrà un’ora con la carrozza.”
“Ottimo piano, vengo con te. Buonanotte, Edoardo.”
Adele gli sorride e chiude gli occhi, cadendo subito in un sonno profondo.
Edoardo la guarda addormentarsi e mentre anche le sue palpebre si fanno pesanti ed il corpo reclama il sonno perduto, si abbandona sulla poltrona, e sussurra buonanotte, Adele.
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