Oblio: capitolo finale
- Irene Muraca

- 12 mag 2020
- Tempo di lettura: 11 min
“No. Mi stai dicendo che nostro padre non solo fa parte del piano, ma che ne ha preso le redini ed è fuggito non appena ha capito che lo zio e il Duca Ristori non avevano intenzione di distruggere realmente un’intera città? E che nostra madre voleva rivelare tutto allo zio, e per questo lui le ha indotto un sonno perenne, per farla tacere così da portare a termine il suo progetto mortale? E che è stato sempre lui ad avvelenare il padre di Edoardo? E’ questo che mi stai dicendo?”
Elsa è rossa in viso mentre si rivolge ad Adele, in piedi di fronte alla grande finestra della sua stanza, con gli occhi velati di lacrime.
“Sì, è esattamente ciò che intendo.” Adele si volta verso la sorella, asciugandosi con un gesto rapido gli occhi.
“Sono sconvolta Elsa, tanto quanto te, ma è questa la verità. Non abbiamo tempo quindi dobbiamo accettarla subito, perché è tutto un suo piano, fin dall’inizio, quando ci ha lasciate senza neppure un saluto. Adesso sta a noi fermarlo, dobbiamo trovarne il modo. Mamma ci ha portate subito qui, dallo zio, perché doveva informarlo di ciò che stava accadendo, e lui ci ha seguito, e deve aver saputo da qualcuno a noi vicino che io ed Edoardo saremmo andati da Ristori.. quindi ci ha anticipati, cercando di incastrare Edoardo per quello che doveva essere l’assassinio del Duca.”
“Tutto torna, adesso.” Edoardo è vicino ai due cugini, travolti dalla rivelazione di un piano di cui non avevano mai intuito l’esistenza, pur vivendo a stretto contatto per tutto il tempo con uno dei suoi più grandi ideatori.
“E’ lui l’uomo che ho visto allontanarsi nel giardino quel giorno.. mi riteneva il colpevole perfetto, il figlio colmo d’odio che uccide il padre per vendetta.. nessuno avrebbe creduto alla mia innocenza. Non è andata così, quindi questo uomo non è infallibile, possiamo sconfiggerlo, dobbiamo solo trovarlo. E’ che non capisco come faccia ogni volta ad avere un vantaggio su di n..”
Adele si è avvicinata rapidamente ad Edoardo, e gli ha posto un dito sulle labbra, per farlo restare in silenzio. Il ragazzo dagli occhi blu notte la guarda sorpreso, ma Adele fa segno a tutti di non parlare, mentre prende un foglio ed una penna per scrivere.
Lui è già qui.
I ragazzi formano un cerchio attorno ad Adele e leggono esterrefatti le sue parole. Michele disegna un punto di domanda in aria, incerto sul significato del messaggio che la cugina vuole trasmettere.
I corridoi segreti.
Edoardo comprende all’istante l’idea di Adele, ed un nuovo piano gli salta alla mente. Annuisce ad Adele, e dice: “Ragazzi, tutto questo è troppo per me. Ho bisogno di una boccata d’aria.”
“Hai ragione, vengo con te.” Adele lo prende per mano, e fa segno a Michele di unirsi a loro.
“No, voglio restare da solo. Tuo padre ha quasi ucciso il mio e ci ha intrappolati in un incubo da cui non sappiamo svegliarci. Ho bisogno di stare da solo.”
Sebbene queste parole siano soltanto parte della messa in scena ideata sul momento da Edoardo, Adele le avverte come un pugno allo stomaco. Edoardo sta lasciando la stanza per potersi allontanare ed entrare nei corridoi segreti, e sta fingendo il litigio affinché il padre di Adele non si aspetti di trovare con lui la figlia, una volta scovato il suo nascondiglio. Eppure Adele non può fare a meno di sentirsi responsabile per tutto ciò che stava accadendo, proprio perché era suo padre, la mente di tutto. Elsa e Giacomo sono rimasti nella stanza, e continuano a parlare del piano come se niente fosse, fingendo di rivolgersi ad Adele e agli altri come se fossero lì con loro, per non destare sospetti. Ritengono di venire ascoltati proprio adesso, e devono mantenere più a lungo possibile le apparenze, così da dare agli amici più tempo per incastrare il loro nemico.
“Ci siamo – sussurra Edoardo – ecco la copia del Botticelli. Dietro troveremo l’ingresso ai corridoi segreti.”
Michele guarda meravigliato il suo amico di sempre scostare il quadro quel tanto che basta per aprire silenziosamente una piccola porta di legno decorata come la parete, impossibile da notare se non si è al corrente della sua presenza. Davanti ai suoi occhi si illumina un lungo corridoio le cui pareti sono piene di libri antichi di ogni forma e colore. Edoardo, nonostante tutto il tempo trascorso in quei corridoi segreti e polverosi, non può fare a meno di sentire, ancora una volta, il battito del suo cuore accelerare, segno di grande agitazione mista ad estrema curiosità. Il rischio non lo aveva mai spaventato, ma adesso sente un brivido percorrergli la schiena, un’emozione che non aveva mai provato prima. Abbassa lo sguardo su Adele, così forte nonostante la paura. L’avrebbe protetta con la sua stessa vita, Edoardo ne è sicuro e consapevole più che mai. Lei gli sta stringendo forte la mano mentre guarda verso il corridoio, come se al suo interno vi fosse lo scrigno di Pandora, e lei fosse pronta a tutto pur di non permettere al padre di aprirlo e sprigionare il male sulla sua amata Pistoia. I tre amici si scambiano uno sguardo, ed entrano, richiudendosi la porta alle spalle. Camminano a piccoli passi, e man mano che avanzano trovano sparsi a terra numerosi fogli. Per tutto il tempo Adele si è sentita al sicuro credendo che il nemico fosse lontano, e invece non poteva esserle più vicino. Le porte delle stanze, intervallate dalle polverose librerie, sono semiaperte, e da alcune provengono dei deboli raggi di luce. Soltanto una porta è chiusa. Michele si avvicina d’istinto verso quella, con il presentimento che le altre fossero delle trappole, appositamente create per depistare le tracce. I tre si fermano, con il cuore a mille, in prossimità della porta chiusa. Edoardo lascia la mano di Adele e cerca un oggetto da poter usare come arma in caso di bisogno, ma non fa in tempo a trovarlo: la porta improvvisamente si spalanca, colpendogli forte la testa. Edoardo barcolla, si porta una mano alla tempia sinistra e cade a terra. Dalla stanza esce lentamente un uomo, vestito completamente di nero. Guarda a terra verso Edoardo, e punta su di lui una pistola. Adele si pone subito davanti ad Edoardo, e guarda dritto negli occhi l’uomo armato. Guarda dritto negli occhi suo padre. L’uomo riconosce la figlia, e resta per un momento senza parole. Adele rimane immobile, le lacrime hanno cominciato a solcarle il viso ma la sua espressione di sfida non cede al dolore. L’uomo comincia ad indietreggiare, prima lentamente, poi si volta e corre dentro ad una stanza. Michele con slancio prova ad inseguirlo nonostante Adele gli gridasse di non farlo, ma quando raggiunge la stanza la trova vuota. Non c’è nessuno. Adele tiene il viso di Edoardo fra le mani, e sente un liquido caldo inumidirle le dita. Sangue. Edoardo ha una ferita in prossimità della tempia sinistra, e perde sangue. Non c’è bisogno di parole, Michele aiuta subito sua cugina sollevando Edoardo, e insieme escono dal corridoio segreto. Si muovono più velocemente possibile verso la stanza di Michele, la più vicina. Sdraiano Edoardo sul letto, tremante. La sua pelle scotta, gli è salita la febbre.
“Michele, chiama subito il dottore che cura mia madre. Subito!”
Adele resta con Edoardo, gli stringe forte la mano, lo sprona a parlarle, dirle qualsiasi cosa pur di restare sveglio fino all’arrivo del medico.
“Andrà tutto bene, vedrai. Non lasciarmi, parlarmi, dimmi qualcosa. Resta sveglio, fallo per me. Così, bravissimo..”
“A.. Adele.. non è colpa tua.. ho visto l’espressione che hai fatto prima, quando ho parlato di tuo padre.. tu non hai colpe.. sei la cosa più bella che potesse mai capitare nella mia vita.”
Adele lo guarda, vede la sofferenza dipinta sul suo volto, eppure i suoi occhi blu mare in tempesta sono fermi su di lei, con la stessa aria ribelle del loro primo incontro, quando è saltato giù dal ramo di un albero, e del loro primo ballo, quando è arrivato inaspettatamente a cavallo. Si avvicina a lui, con il cuore che le scoppia di emozioni, e lo bacia, delicatamente, intensamente. Rivede ogni momento degli ultimi mesi passato a decodificare lettere, preoccuparsi per sua madre, cercare di sventare il piano. Stanotte, se non verrà fermato, suo padre raderà al suolo Pistoia. Lei lo fermerà.
Arriva il medico accompagnato da Michele, Elsa e Giacomo, al corrente di tutto ciò che è accaduto, e insieme ad alcuni collaboratori portano Edoardo in infermeria.
Elsa abbraccia la sua sorellina, e le chiede di uscire dalla stanza, di aspettare fuori che i medici facciano il loro lavoro. Inizialmente Adele non vuole muoversi, ma poi sente la campana risuonare l’ora. Uno, due, tre, quattro, cinque. Sono le cinque del pomeriggio, e loro devono essere a Pistoia prima della mezzanotte, ma Adele non può andarsene senza sapere che Edoardo starà bene.
Uno, due, tre, quattro, cinque, sei. Finalmente i medici hanno finito, ed Edoardo si è addormentato. Agli occhi di Adele appare sereno, calmo, tranquillo. Gli dà un bacio sulla fronte, ed esce dalla stanza, raggiungendo gli altri fuori nel corridoio.
“Ascoltatemi. Dobbiamo partire, adesso.”
“Adele, Edoardo impazzirebbe se sapesse che sei andata a Pistoia senza di lui. Non possiamo aspettare..”
“Lo so Elsa, ed io mi sentirei come lui, ma non abbiamo più tempo. Impiegheremo quattro ore a raggiungere Pistoia, il che vuol dire che se partiamo adesso arriviamo a destinazione alle dieci di sera. Nostro padre sarà partito non appena lo abbiamo scoperto, e noi dobbiamo raggiungerlo al più presto. Sa che siamo sulle sue tracce e potrebbe accelerare il piano per questo.”
“Adele ha ragione, è ora di partire. Io resterò con Edoardo, finché non si sveglia. Ma cosa pensate di fare una volta arrivati da lui? Quale è il vostro piano?”
“Grazie, Michele. Resta con lui, assicurati che stia bene. Il mio piano è tutto qui: spero che la presenza delle sue figlie lo induca a fermarsi. Poi lo faremo arrestare, e consegneremo tutte le prove della congiura in nostro possesso. Dobbiamo prima ottenere l’antidoto per nostra madre, e..”
“Ci sono troppe cose in ballo, non dovremo chiedere aiuto a qualcuno?”
“Probabilmente hai ragione Elsa, ma non sappiamo di chi fidarci. Forza, dobbiamo andare. Michele..”
“Sì Adele, lo so. Non preoccuparti, e.. state attenti.”
Per tutto il viaggio Adele, Giacomo ed Elsa sono rimasti in silenzio.
“Siamo arrivati, signorine. Aspetterò qui il vostro ritorno.”
“Grazie, Fabrizio. A dopo.”
Dopo qualche minuto giungono in Piazza del Duomo. Appare meravigliosa agli occhi di Elsa ed Adele, lontane da casa da molti mesi. La piazza conserva lo spirito secolare di sempre, con i suoi colori così familiari, le bicromie, la sua capacità di sembrare quasi piccola dall’esterno, per poi ingrandirsi sempre più se osservata dal suo centro. Pistoia, la loro città, su cui svetta il Campanile. Eccolo lì, di fronte a loro, il famigerato Guardiano. Lo avrebbero salvato, avrebbero salvato la loro città.
“C’è una guardia, accidenti. Non ci farà mai entrare..”
“Sì, invece. Dovete distrarla, così potrò entrare.”
“Tu, da sola, lì, mai. Capito? Mai.”
“Elsa, non ti ci mettere anche tu. E’ l’unico modo per entrare, poi mi raggiungerete. Forza, andate.”
Elsa e Giacomo si sono trovati a improvvisare una brutta caduta poco distanti dalla guardia, che è subito accorsa per assisterli. Adele, velocissima, entra nel Campanile. Sale le scale cercando di fare meno rumore possibile. C’è un silenzio così profondo che ha l’impressione di sentire il battito del suo cuore riecheggiare per le scale. Continua a salire, fino a che non vede una luce, proveniente da una piccola stanza. Si affaccia, e trova suo padre, di spalle, chino su uno strumento che lei non aveva mai visto. Deve essere l’ordigno esplosivo per distruggere il Campanile, pensa Adele.
“Adele, ben arrivata. Sei pronta a vedere il tuo buon vecchio in azione? Vedrai, potremo dominare sulla nuova città che sta per nascere.”
“Ma cosa vi è capitato..”
“Figlia mia, è soltanto arrivata la mia grande occasione. Visto che sei qui, possiamo anche dare inizio al mio impero prima, perché no! Adesso, sì, adesso mi sembra un’ottima idea..”
Suo padre le si è avvicinato, e adesso Adele vede con chiarezza il suo volto, solcato dallo scorrere del tempo. Vede le occhiaie violacce sotto gli occhi, ed il suo sguardo, così.. vuoto. Sì, qualcosa non torna nel suo sguardo. E’ diverso, suo padre ha sempre avuto gli occhi castani, ma questo colore è stato risucchiato completamente dal nero della pupilla. I suoi occhi sono neri, folli, spettrali. Non sono gli occhi di suo padre, eppure l’aspetto, la voce, tutto ricorda lui. Soltanto gli occhi sono diversi, come se qualcosa li avesse modificati. Un veleno, forse, o qualcosa di ancora più nocivo, misterioso. L’uomo le prende i polsi, e stringe forte, e Adele comincia a chiamarlo per nome, a chiedergli cosa gli fosse accaduto, a gridargli forte che qualcuno forse lo stava controllando, e che doveva tornare in sé. La stretta morsa adesso rischia di soffocare Adele, chiusa in un abbraccio che non le lascia modo di respirare.
“Ritornate in voi, vi prego, padre.. lasciatemi andare, resistete..”
Un colpo fende l’aria, e colpisce il padre di Adele dritto sulla testa. La morsa si allenta, e la ragazza si libera. Si volta, ed Edoardo è lì, la fronte fasciata, e in mano un grosso pezzo di legno.
“Stai bene?”
Adele fa cenno di sì, e lo abbraccia forte, ma una voce richiama subito la loro attenzione.
“Grazie..”
I ragazzi si voltano e vedono l’uomo, a terra, che tende una mano verso la figlia. I suoi occhi sono tornati del loro colore naturale, e Adele si getta ad abbracciarlo.
“Figlia mia, mi dispiace così tanto.. dì a Francesca e ad Elsa che le amo, sì, diglielo.. Mi hanno fatto bere un liquido viola, denso, per molti giorni.. sono cambiato, non ero più in me.. fermate questo colpo, ecco, prendete questa chiave e distruggetela.. è la sola cosa che può azionare quell’ordigno, sì, che vedete laggiù.. per far esplodere il Campanile. Di.. distruggetela. Distruggete questa chiave.. Figliolo, grazie.. tua madre. Tua madre è in pericolo, la stanno cercando.. trovala, fermateli.”
“Ma a chi vi riferite? – dice Adele, prendendo l’oggetto di metallo che il padre le porgeva – chi vi ha fatto questo?”
“Chi c’è????” La voce imperiosa di un uomo risuona per le scale.
“E’ una guardia Adele, dobbiamo andare.”
“Non possiamo lasciarlo qui, non possiamo.. Chiudi la porta.”
“Ma… Adele?”
“Dobbiamo agire subito. Non possiamo rimediare a ciò che abbiamo fatto, a ciò che abbiamo passato. C’è una sola scelta e dobbiamo prenderla immediatamente. Stanno per distruggere il Duomo. Nessuno deve saperlo oltre noi, ed infatti così non verrà saputo, mai. Dobbiamo gettare questo ordigno dalla finestra, così sarà distrutto e non potrà più essere utilizzato. Probabilmente è realizzato con della strana tecnologia, come il veleno che ha assoggettato mio padre, e forzato mia madre in un sonno profondo. Solo questa chiave può azionarlo, quindi se lo distruggiamo non potrà esplodere, e...”
“Non c’è tempo, figlia mia. Qui, qui, l’antidoto per tua madre.. prendilo. Ecco. Ora andate, subito.”
“Ma..”
“Andate!”
Edoardo ha preso Adele per mano, ma nella loro corsa verso l’uscita vengono raggiunti da una guardia, che sferra un colpo ad Edoardo dritto nella pancia. Adele reagisce d’impulso, e sferra un calcio alla guardia, all’altezza dell’inguine. La guardia cade a terra dolorante, e i due, con Edoardo sostenuto da Adele, escono dal Campanile. Trovano Elsa, Giacomo e Michele all’uscita, e iniziano a correre verso il luogo dove avevano lasciato Fabrizio e la carrozza. Lo raggiungono, e partono verso la casa di Lorenzo.
“Dovevi proprio fare di testa tua tu, vero?” Edoardo si massaggia la testa, e guarda Adele con sguardo serio. Lei però gli sorride, felice di avere impedito che Pistoia fosse rasa al suolo, e gli dà un pizzicotto sul braccio.
“E tu dovevi proprio fare l’eroe, viste le tue condizioni.. Grazie. Grazie, Edoardo. Ma guai a te se lo rifai un’altra volta.” Adele gli prende la mano, e aggiunge: “Il pericolo è passato, ma non abbiamo svelato l’intero mistero. Ci sono altre persone a capo della congiura, persone che sfruttano una tecnologia particolare per ottenere ciò che vogliono. Volevano distruggere Pistoia, adesso non ci sono riusciti, ma forse ci riproveranno. Dobbiamo impedirglielo. Vi racconteremo tutto, ma adesso dobbiamo andare da Francesca, per darle l’antidoto..”
Gli amici si guardano, sorridono perché ce l’hanno fatta, sono insieme. Pistoia è salva. Adele guarda quella piccola chiave che le ha dato suo padre, brillante sotto la luce della luna, che penetra dal finestrino della carrozza. C’è ancora un mistero da svelare, l’enigma più grande, e Adele non si fermerà finché non lo avrà risolto.
Irene Muraca
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